Ultima modifica: 10 settembre 2016

Vademecum per un miglior contatto con le persone non vedenti

Si intitola “Non così, ma così” ed è un piccolo vademecum prodotto dall’Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici). L’opuscolo, disponibile in versione cartacea presso le sedi dell’Uici in Italia, è un libero adattamento del saggio di Herman Van Dick. Scopo: offrire a chi legge uno strumento valido e “simpatico” – come scrivono gli autori – per un miglior rapporto con le persone non vedenti e ipovedenti.


L’Unione italiana ciechi – Uic è stata fondata da Aurelio Nicolodi il 26 ottobre 1920 e assume la denominazione di Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti – Uici nel 2006 per decisione del XXI Congresso Nazionale.

Il testo

Come si può essere utile se un amico non vedente deve attraversare la strada? E se deve usare un mezzo di trasporto? O deve essergli indicato dove sedersi?

Quando sale o scende da un mezzo pubblico, la persona non vedente viene spesso aiutata. Nel caso specifico, se si vuole dare una mano, bisogna ricordarsi che la persona non vedente è abituata a circolare da sola: questo significa che non va trattata come un pacco da trasportare, ma accompagnata alla porta o al mancorrente, indicando la maniglia o offrendo la propria mano. Anche la forma di aiuto peraltro, va concordata: l’aiuto va chiesto, non dato per scontato. Non bisogna esitare a chiedere se la persona non vedente ha bisogno di aiuto, ma non bisogna neanche pensare di imporlo.

In caso di barriere architettoniche, quali scale o scale mobili, la persona non vedente non ha bisogno di essere presa in braccio. Se vogliamo aiutarla, diciamogli che ci sono le scale, indichiamo con la voce dove c’è una ringhiera o accompagniamo la sua mano alla stessa. Anche nel caso in cui vogliamo offrire un posto a sedere sui mezzi pubblici, o anche a casa o in ufficio, non dobbiamo spingere la persona non vedente, ma indicargli lo schienale accompagnando il suo braccio. Quello che non va fatto in assoluto è dire: “là c’è una sedia/posto”. Eventualmente indichiamo la distanza: “Dieci metri davanti a Lei, a sinistra, c’è un posto a sedere…”. Questo vale anche nel caso in cui si offra qualcosa da bere, ci si trovi in un ristorante o in un locale. La persona non vedente peraltro conosce i suoi gusti: può ordinare autonomamente. Non ordiniamo noi per lui e non facciamo noi le cose al suo posto.

Parole proibite

In linea di massima, non esistono parole proibite. Non bisogna essere così severi con se stessi da evitare parole quali “vedere”, “guardare”, “cieco”. Le persone non vedenti, quando le usano, sono anche molto spesso ironiche. Ovviamente resta di pessimo gusto importunare la persona non vedente con domande ossessionanti sul suo stato di salute o commentare la situazione di disabilità. Se vogliamo far “vedere” qualcosa ad una persona non vedente, accompagniamo la sua mano all’oggetto o mettiamoglielo in mano. Con le persone non vedenti poi, non si gioca all’indovinello del “chi sono?”. Ci si presenta e ci si parla come una persona vedente. Lo stesso vale se ci si allontana durante una conversazione con una persona non vedente: questa non può sapere se ci siamo. Se dobbiamo allontanarci, è meglio dirlo. Inoltre è bene, nel corso di una conversazione, esternare il proprio pensiero: sorridere è inutile, così come annuire. La persona non vedente non vede, per l’appunto.

Cosa fare nel quotidiano

Se accompagniamo una persona non vedente a fare compere, non trattiamolo come un bambino: “ti vesto io” è lesivo dell’autonomia dell’individuo. Spiegare invece il taglio di un abito, il colore e come sta sulla persona,aiuta la persona non vedente a fare la sua scelta. Lo stesso in ufficio: non leggiamo la posta al suo posto, ma chiediamo se vuole una mano a leggere la posta; non poggiamo pratiche o libri dove diciamo noi, ma dove è la persona non vedente a indicarcelo; non mettiamo disordine/non facciamo ordine in un ambiente dove la persona non vedente vive o lavora.

E. B.

(fonte: http://superabile.it/web/it/Home/La_scheda/info-953082525.html)

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