Ultima modifica: 11 marzo 2017

Schultz, il Pulitzer con la dislessia “Cosi’ ho sconfitto il mio nemico”

A otto anni gli insegnanti gli indicavano un tavolo in fondo alla classe che chiamavano, senza troppi giri di parole, l’angolo degli stupidi. Philip Schultz aveva difficoltà a leggere, non riusciva a comprendere il testo che aveva di fronte, ogni pagina era come avvolta dalla nebbia, e più si sforzava, più non ci riusciva.


Era dislessico. Anni dopo, nel 2008, quel bambino considerato da tutti ritardato per il suo deficit di apprendimento, ha vinto il premio Pulitzer per la poesia con la raccolta “Failure”.
«Da piccolo capivo che c’era qualcosa che non andava, davvero mi sentivo diverso. Gli altri leggevano, prendevano appunti, ascoltavano le letture, sapevano subito riassumere, io no, facevo uno sforzo sovrumano. Così anche negli anni successivi: quando loro avevano letto tre libri, io appena uno. Sentivo sempre di stare indietro», racconta Schultz in visita a Napoli per il convegno nazionale organizzato da “Sos dislessia” in collaborazione con la Federico II.
Schultz è la prima volta che viene in città, ne aveva sentito tanto parlare, eppure vederla, secondo lui, è come far fare alla propria immaginazione un balzo in avanti. Definisce la scoperta della città come «un’esperienza continua che mi toglie il respiro ». Due giorni di visite nel centro storico, passeggiate tra i vicoli. «Sono abituato al mare, ne sono circondato, visto che vivo nell’East Hampton, nello stato di New York. Però qui è davvero un’altra cosa, è tutto diverso, la luce che emana il mare, e poi ogni cosa di Napoli, come le voci, infondono un’atmosfera entusiasmante, sembra qualcosa che si possa toccare sempre con mano». Settantadue anni, numerose raccolte di poesie, ha insegnato alla NY University, collaborato con il New Yorker, la Paris Review, una vita di sacrifici per diventare uno scrittore di successo raccontata nel bestseller “La mia dislessia. Ricordi di un premio Pulitzer che non sapeva né leggere, né scrivere” (Donzelli Editore). «Ho scoperto di essere dislessico a cinquantotto anni, quando a mio figlio, di sette anni, in seguito a un controllo dal neuropsichiatra, gli furono riscontrate delle difficoltà. Erano le stesse di quando io ero bambino, ma all’epoca, negli anni ’50, a Rochester, piccola cittadina dello stato di New York, non si andava a fondo, si procedeva con facilità di giudizio, e venivo considerato uno stupido che mai si sarebbe potuto inserire in società solo perché quando mi ritrovavo di fronte alla pagina scritta le frasi si sfaldavano, ricostruire la sintassi e unire le sillabe, dare loro un senso era molto faticoso». Una frustrazione cresciuta negli anni per quel ragazzo di famiglia ebrea, molto povera, di immigrati dalla Russia, che nell’istruzione vedeva l’unica possibilità di riscatto sociale. Arrivano le bocciature, ripete la scuola, torna spesso a casa con un occhio nero dopo essersi battuto con i compagni di classe che lo insultano. Però non si dà mai per vinto.
«Grazie a mia madre, soprattutto. Un sostegno anche nei momenti più cupi. La sua forza mi ha portato fin qui». Poi un giorno tutto cambia, la vita prende un’altra direzione. «Fu quando il mio insegnante mi chiese cosa avrei voluto fare da grande. Risposi senza esitare: lo scrittore. Ricordo ancora le sue risate, come gli ballava la pancia per come era divertito da un’idea così assurda, secondo lui. Un’immagine che mi ha ossessionato e mi è tornata in mente proprio mentre andavo a ritirare il Pulitzer. In quel momento ho capito che sono diventato uno scrittore perché ero dislessico, perché avevo una barriera da abbattere, un ostacolo da superare, una corsa da vincere partendo un metro più indietro degli altri. Quel giorno mi sono detto: anche gli stupidi possono conquistare il Pulitzer».
di Pier Luigi Razzano
(fonte: Press-In anno IX / n. 676 – La Repubblica del 05-03-2017)

– Scheda libro: La mia dislessia. Ricordi di un premio Pulitzer che non sapeva né leggere né scrivere (Saggine Donzelli 2015) https://www.donzelli.it/libro/9788868435042

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